Il 30 e 31 maggio 1859 i franco-piemontesi sconfissero gli austriaci nella prima battaglia della Seconda guerra d’indipendenza. Partì dunque da Palestro e dalla Lomellina la campagna militare di re Vittorio Emanuele II e dell’imperatore Napoleone III che porterà alle vittorie finali di Solferino e San Martino. Domani (venerdì 25 maggio) la commemorazione del 159° anniversario inizierà con un ospite d’eccezione: Alessandro Barbero, docente universitario, scrittore e consulente di Rai Storia, sarà alle 20.30 a villa Cappa Pietra di via Indipendenza per una conferenza sulla battaglia e, in generale, sul Risorgimento italiano. Nella primavera di 159 anni fa la Lomellina è destinata a essere sacrificata e a subire il primo, devastante urto delle truppe asburgiche: nei piani dello Stato maggiore la linea di difesa deve essere portata al Po e al Sesia. Il 29 aprile la seconda armata austriaca guidata dal governatore del Lombardo-Veneto, feldmaresciallo Ferencz Gyulai, invade il Piemonte superando il Ticino a Boffalora, a Bereguardo e al Gravellone di Pavia. A Genova sbarcano i primi soldati francesi. «L’esercito austriaco invade la Lomellina, ma non tenta l’avanzata verso Torino prima dell’arrivo dell’esercito francese – anticipa Barbero – Questo per due motivi: il presidente del Consiglio conte di Cavour aveva dato ordine di allagare le risaie del Vercellese, fra Cigliano, Saluzzola e Saluggia, per creare naturali difficoltà all’esercito nemico. L’ingegner Noè (mai nome fu più adatto), direttore generale del Roggione di Sartirana e futuro progettista del canale Cavour, ha così aperto le chiuse dei canali: oltre 45mila ettari di terreno tra Dora Baltea e Sesia sono sommersi. I danni sono stati spaventosi, ma l’esercito austriaco si è ritrovato nell’acqua fino alle ginocchia». L’inondazione delle risaie sarà riconosciuta come operazione di guerra nel 1885, anno in cui anche all’ingegnere mortarese Luigi Cortellezzi, uno dei tre principali collaboratori di Noè, sarà conferita la medaglia commemorativa dell’Unità d’Italia. «Il secondo motivo – prosegue Barbero – è legato all’esercito di Napoleone III, che ha passato le Alpi molto in fretta: questa è la guerra del treno e del vapore». Nel 1859 le tradotte correranno anche sulla Alessandria-Mortara-Novara-Arona, inaugurata il 17 giugno 1855 alla presenza dello stesso Cavour. Passando alle operazioni belliche, l’esercito franco-piemontese effettua la “grande conversione” dal sud al nord del fronte sbucando fra Vercelli e la Lomellina. «Questa manovra è stata ottima, a giudicare dai risultati – dice ancora Barbero – Passare il Ticino, anche se difeso dagli austriaci, è stato più facile di quel che sarebbe probabilmente stato il passaggio del Po».
All’alba del 30 maggio la quarta divisione comandata dal generale Cialdini passa il Sesia avanzando verso Palestro. Il giorno dopo, il feldmaresciallo Zöbel riceve l’ordine di riprendere Palestro al comando di 30mila uomini, ma la resistenza dei bersaglieri piemontesi e degli zuavi francesi sarà vittoriosa. «Palestro è stata una vittoria di entrambi gli eserciti alleati – precisa Barbero – I piemontesi da soli sarebbero probabilmente stati battuti, ma se non avessero resistito, l’attacco dei francesi non sarebbe stato possibile. In conclusione, il merito della vittoria finale sarà di Napoleone III: è diverso combattere da soli o con un alleato molto più forte e potente, ma non si dimentichi che anche l’esercito piemontese era molto migliorato rispetto a dieci anni prima».