Una vita a caccia (fotografica) di dive

Riproduzione
Claudia Cardinale a Cannes (1963)

«Guardate le foto di Evaristo e ci troverete i momenti che hanno caratterizzato un’epoca, anche le nostre illusioni e le nostre sconfitte». Enzo Biagi riassumeva così il lavoro di Evaristo Fusar Imperatore, che ha allestito una mostra antologica per ripercorrere una carriera durata dal 1953 al 2010 fra “L’Europeo”, “Domenica del Corriere” e “Capital”. A Ottobiano, nella sua cascina ristrutturata di via Mazzini, il fotoreporter e il figlio Alberto espongono al pubblico gli scatti più significativi, glorioso compendio di una vita spesa ai quattro angoli del mondo in cerca di scoop. Decine di imprenditori, cineasti, stelle del cinema italiano e hollywoodiano, politici, giornalisti e sportivi hanno accompagnato Fusar lungo quasi 60 anni di carriera.

Quali sono stati i suoi attori preferiti?

«Groucho Marx, il re della risata, e il grande Orson Welles, che girò “Quarto potere” all’età di soli 25 anni. Lo fotografai nel 1963 a Innsbruck in una grotta di ghiaccio: durante la cena mi spiegò quanto gli fosse congeniale il mondo del circo, in cui sognava di lavorare come pagliaccio. Fra le donne, insuperabile Simone Signoret. Con il marito, Yves Montand, era paziente e affettuosa. Dopo un suo spettacolo m’invitò a fargli i complimenti. “Sa, agli artisti fa sempre piacere riceverli”, si disse quasi scusandosi».

Chi fotografò a Hollywood?

«Glenn Ford mi accolse nel suo giardino con piscina. A un certo punto dalla villa vicina spuntò Rita Hayworth, con cui però scambiai solo due parole. Prima di andarmene, Glenn mi urlò: “In Italia mi saluti Fellini”. Un altro attore hollywoodiano era Sean Connery, che fotografai in un castello alle porte di Parigi: stava girando “Operazione tuono”, il terzo film di 007. Scattai quando sferrava un pugno a una vedova vestita di nero, che in realtà era un uomo: Connery-Bond si era accorto del travestimento perché una vera vedova non chiude mai la porta dell’automobile. Non ero autorizzato a stare sul set, ma ho battuto i colleghi di tutto il mondo, “Paris Match” compreso. Incontrai anche John Ford, a letto con un braccio rotto: mi fece portare un “caffè italiano”, ma in realtà era lungo e con tanta caffeina. Mi raccontò la celebre sequenza dell’attacco alla diligenza in “Ombre rosse”».

Ottobiano Fusar

Che cosa ricorda del set del “Gattopardo”?

«Ero l’unico fotografo autorizzato. Scattai però solo alcune scene, ma non quella famosa del ballo. Burt Lancaster era molto affabile, mi disse che rimpiangeva il circo in cui aveva fatto il trapezista. Claudia Cardinale era all’apice della bellezza: l’avevo conosciuta nel 1959 a Londra, dov’era accompagnata dalla sorella. Recitò per me facendo yoga su un tavolo».

Lei ha lavorato con i più noti giornalisti italiani.

«Fra tutti sono stato molto amico di Oriana Fallaci e di Gianni Brera, con cui discutevo spesso di vino. Lo rimproveravo spesso perché Gianni amava il Barbaresco d’annata, ma io e Luigi Veronelli cercavamo di convincerlo che ci sono vini molto migliori. Con Oriana ho lavorato sette anni: era intransigente, eccentrica e frenetica, un carattere forte, insomma, come traspare dai suoi scritti. Sono stato molto anche con Enzo Biagi, che mi definì un buon amico e un buon compagno di viaggio. Ha autografato la sua Storia d’Italia a fumetti per i miei figli. Invece con Montanelli e Bocca sono stato poco: andai sul set del film “I sogni muoiono all’alba”, diretto dallo stesso Montanelli, mentre con Bocca feci un servizio ad Amsterdam».

Incontrò anche Enzo Ferrari?

«Negli anni Sessanta frequentavo spesso Maranello, dove avevo conosciuto piloti e collaudatori. Fotografai Enzo Ferrari per la sua autobiografia “Le mie gioie terribili”: in realtà il libro fu scritto dal mio amico Gianni Roghi, che morì nel 1967, a soli 50 anni, in Africa. Come compenso, Roghi ricevette una Ferrari 250 Gto».

Lei fu anche il fotografo ufficiale di Berlusconi.

«Sì, fu tra la fine degli anni Settanta e la metà degli anni Ottanta. Dopo un primo servizio a colori sulla “Domenica del Corriere”, Berlusconi, allora noto come “Mister Milano2”, mi chiamò per una serie di servizi mirati. Mi sono rimasti impressi la parodia di un Alain Delon da cronaca nera e i suoi stacchetti al pianoforte. Un difetto di Berlusconi? Si circonda di troppi yes men».

«Quella volta che Oriana pianse»

«Ho dormito varie volte a casa dell’Oriana, a Greve in Chianti, paese di cui era originaria la sua famiglia anche se lei amava definirsi fiorentina. “Ci saranno anche il mi babbo e la mi mamma”, mi anticipava». Negli anni Sessanta il fotografo Fusar Imperatore e Oriana Fallaci lavorano insieme a “L’Europeo”, settimanale per cui la giornalista toscana scrisse dal 1951 al 1977. «Conoscevo Paola, una delle tre sorelle Fallaci, che faceva il mio lavoro – ricorda oggi Fusar – Attraverso di lei sono arrivato all’Oriana, che scriveva da casa e veniva pochissimo in redazione. Non guidava l’automobile, si serviva sempre del taxi o dell’aereo e io le facevo da autista prendendo le curve ad alta velocità per far sballottare il suo cagnolino». Una volta a Saint Tropez la Fallaci si mise a litigare con i giornalisti di mezzo mondo. «La rimproverai – aggiunge Fusar – ma lei mi rispose piangendo: “Tu hai la tua famiglia, ma io ho solo questo yorkshire”».

Fotoreporter con il fiuto per l’esclusiva

Evaristo Fusar Imperatore, nato a Milano nel 1934, inizia il lavoro di fotoreporter nel 1953 come freelance per l’agenzia Interpix. Risiede a Parigi, Londra e Madrid e collabora con il settimanale Settimo giorno. Nell’ottobre 1960 è assunto al settimanale L’Europeo, di cui sarà inviato fino al 1967 documentando i maggiori avvenimenti mondiali e il mondo della cinematografia: fra gli altri, “Il Gattopardo” di Luchino Visconti, “Deserto rosso” di Antonioni e “Giulietta degli spiriti” di Fellini. Nel 1967 passa alla Domenica del Corriere fotografando luoghi e avvenimenti dalla Siberia all’Australia, dal Sud Africa alle Americhe, e pubblicando “I grandi personaggi del firmamento Usa”: John Ford, Rita Hayworth, Groucho Marx, Zsa Zsa Gabor, Bing Crosby, Clint Eastwood e tanti altri. Dopo aver raggiunto il traguardo delle 100 copertine, nel 1986 passa a Capital e nel 1989 torna libero professionista. Nominato Cavaliere della Repubblica nel 1974, nel 1978 gli è stata conferita la Medaglia d’oro di benemerenza di Milano.

Nell’aprile 1964 ha esposto alla Galleria Gianferrari di Milano e nel 1978 è stato il primo fotografo italiano dopo Cartier-Bresson e Bischof cui la Permanente ha dedicato una personale. Nel 1988 espone i “Fusarbolli” alla galleria d’arte Cafiso di Milano e nel dicembre 1994 è alla galleria Diaframma-Kodak Cultura con la personale dedicata ai cento anni del cinema.

L’ingresso alla mostra allestita nella sede espositiva di Ottobiano è gratuito, ma si dovrà prenotare al numero 339.2152463 o scrivere al figlio di Evaristo, Alberto, all’indirizzo alberto.fusar.imperatore@gmail.com. Disponibile il libro-catalogo fotografico di 242 pagine a colori e bianco e nero.

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Pubblicato da Umberto De Agostino

Giornalista (quotidiano La Provincia pavese, settimanale Informatore lomellino e dodici periodici comunali) e direttore dell'Ecomuseo del paesaggio lomellino. Già autore per Fratelli Frilli Editori (Il brigante e la mondina, La contessa nera, Manzoni e la spia austriaca).

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