Ha trasformato un terreno ereditato in un impianto per la coltivazione dello zafferano, noto come oro rosso per via degli alti prezzi. Maria Luisa Padova, dopo molti anni a Milano come dirigente d’azienda in alcune multinazionali del settore informatico, ha deciso di reinventarsi imprenditrice agricola a fianco di Stefano Strada, «coetaneo, amico d’infanzia e compagno di scuola», con cui ha fondato a Dorno la società Zafferano della Lomellina. Quest’anno i due amici sono al terzo raccolto. «Tutto è nato quasi per caso – spiega la 62enne Padova – dopo aver ricevuto in regalo un vasetto di zafferano: dopo alcune valutazioni, ho deciso di sfruttare un terreno di circa tre ettari, che era della famiglia di madre e che non era coltivato da anni, situato in via conte Cesare Bonacossa. Qui due anni fa io e Stefano abbiamo avviato un impianto di zafferano, oltre ad alcune orticole: 10mila i bulbi per il primo raccolto di prova». In estate il lavoro consiste nel prelevare dal terreno i bulbi per poi rimetterli a dimora in un appezzamento di terreno differente da quello precedente. Questa tecnica è la più laboriosa e impegnativa dal punto di vista del lavoro umano, ma consente di ottenere una migliore qualità della spezia e dà la possibilità al coltivatore di controllare ogni anno lo stato di salute dei bulbi.
«L’impegno è notevole perché il lavoro è svolto manualmente – prosegue Padova – Dal prelievo alla messa in dimora dei bulbi, tutto è eseguito grazie al lavoro manuale: la richiesta di manodopera ha un impatto notevole su questo tipo di coltivazione perché le procedure non sono facilmente meccanizzabili. Infatti, anche io e Stefano siamo aiutati da diverse persone nelle principali fasi della lavorazione». In luglio e in agosto i bulbi sono raccolti dal terreno, operazione per cui si utilizzano di solito picconi o piccole zappe: in questo modo è possibile estrarre i bulbi senza danneggiarli. Nella stessa giornata si procede anche alla mondatura dei bulbi, processo che consiste nell’eliminazione della tunica del bulbo vecchio e nell’eliminazione dei bulbi troppo piccoli per essere utilizzati nella nuova coltivazione. La pianta entra in stasi vegetativa, la cosiddetta dormienza, nel periodo estivo compreso tra giugno e settembre. Alla fine di ottobre, tra le foglie, spuntano i primi fiori e qui inizia il raccolto vero e proprio. L’attività vegetativa rallenta durante l’inverno per poi riprendere alla fine di marzo, quando la pianta genera i nuovi bulbi. Da maggio le foglie cominciano gradatamente a essiccarsi, mentre a giugno i nuovi bulbi, accumulato il materiale di riserva, ritornano in stasi vegetativa.

Durante il primo raccolto i due imprenditori agricoli hanno fatto analizzare i pistilli, risultati poi conformi alla prima categoria delle norme Iso-Ts: nel 2019 i bulbi erano cresciuti a 60mila e per il raccolto di quest’anno i due impianti della società Zafferano della Lomellina, da poco nell’Ecomuseo del paesaggio lomellino, dovrebbero fornire almeno 70mila bulbi. Il raccolto viene consegnato a privati, ma anche a ristoranti, gastronomie e riserie «perché lo zafferano si sposa bene con il riso». E il prezzo? «Vendiamo un grammo di pistilli di zafferano a 20 euro, ma in generale il prezzo arriva fino a 60 euro, più o meno la stessa quotazione dell’oro».