Quando Toni Negri e Curcio s’incontrarono in Lomellina per pianificare la lotta armata

Nella casa di caccia della tenuta San Marzano-Mercurina, a Pieve del Cairo, c’è una sala con un camino. Qui davanti, per uno strano scherzo della storia, si sedettero prima l’imprenditore chimico Piero Saronio, uno dei primi dieci contribuenti di Milano a fianco dei Moratti e dei Falck, ed Enrico Mattei, fondatore e presidente dell’Eni. Poi attorno al 1974, in un’Italia che contestava il capitalismo nelle piazze e nelle università e che stava per entrare negli anni di piombo, Toni Negri, il “professore della rivoluzione” e massimo teorico del marxismo operaista, e Renato Curcio, uno dei fondatori delle Brigate rosse.

Renato Curcio durante un processo

La Storia d’Italia del secondo dopoguerra è passata anche da queste cascine immerse nella campagna fra Pieve del Cairo che guarda verso Gambarana. Ma l’elenco dei dettagli raccontati domenica 19 settembre da Mario Calabresi, giornalista, scrittore e figlio del commissario Luigi Calabresi ucciso nel 1972 a Milano da un commando di Lotta continua, è stato molto più corposo.

Il pubblico intervenuto a Pieve del Cairo per Mario Calabresi

L’incontro fra il fondatore di Autonomia operaia e quello delle Brigate rosse si collega a un’altra storia, dagli stessi toni drammatici: quella di Carlo Saronio, figlio di Piero e rampollo dell’alta borghesia milanese che nell’aprile 1975 sarà rapito e ucciso dai militanti del Fronte armato rivoluzionario operaio, gruppo fuoriuscito da Potere operaio, e le tenute lomelline oggi gestite dalla fondazione Darefrutto costituita da padre Piero Masolo, figlio della sorella di Carlo e missionario in Algeria, e da alcuni amici milanesi. Storia contenuta nel libro “Quello che non ti dicono” (Mondadori), presentato proprio domenica di fronte a un folto pubblico e confezionato dopo che Marta Saronio, figlia di Carlo nata postuma nel dicembre 1975, aveva contattato lo stesso Calabresi per scoprire il padre che non aveva mai conosciuto.

“Ho iniziato così a ricostruire la storia di Carlo Saronio – ha detto Calabresi – sebbene avessi deciso di non occuparmi più degli anni del terrorismo: intervistando molte persone che lo avevano conosciuto, ho dipinto il quadro di un ragazzo che si sentiva in colpa per la ricchezza della famiglia e che voleva espiare questa colpa aiutando le famiglie proletarie di Quarto Oggiaro, quartiere all’estremo opposto di quel corso Venezia in cui era cresciuto fino ai dieci anni sotto una cupola di vetro”. Nei primi anni Settanta Carlo, nato nel 1949, si avvicina a Potere operaio, che finanzia più volte e cui fornisce tre luoghi sicuri per gli incontri: alcune stanze della palazzina di corso Venezia, un appartamento di Bogliasco, sulla Riviera ligure di Levante, e la casa di caccia di Pieve del Cairo. “Quando, però, il clima inizia a farsi violento – ha proseguito Calabresi – Carlo decide di tirarsi fuori, anche perché sospetta degli “amici” della sinistra extraparlamentare: va a un incontro e comunica la sua scelta, ma, appena uscito, un commando formato da uomini di Potere operaio e della banda di Vallanzasca lo rapisce. Poiché i soldi non sarebbero più arrivati direttamente da Carlo, Potere operaio aveva pensato di farseli consegnare chiedendo un riscatto”. Il rapimento, però, finisce male perché i rapitori, non potendo acquistare in farmacia il cloroformio senza lasciare traccia, usano un solvente chimico che si rivelerà letale.

E qui entra in gioco la figura di Carlo Fioroni, “il professorino” militante della sinistra extraparlamentare che tradì Saronio e che padre Piero conoscerà molti anni dopo a Lilla, in Francia. “Fioroni – ha detto Calabresi – era vicino a Giangiacomo Feltrinelli, editore e fondatore dei Gruppi d’azione partigiana che morì il 14 marzo 1972 a Segrate, dopo lo scoppio della bomba che aveva collocato su un traliccio. Fu proprio Fioroni a stipulare, a nome di una persona che non ne sapeva nulla, l’assicurazione del pulmino Volkswagen trovato sotto il traliccio. E oggi posso affermare che se mio padre, che stava indagando sulla morte di Feltrinelli, non fosse stato ucciso due mesi dopo da Lotta continua, forse Fioroni sarebbe stato arrestato e non avrebbe potuto tradire Carlo. Che oggi sarebbe ancora vivo”.

Pubblicato da Umberto De Agostino

Giornalista (quotidiano La Provincia pavese, settimanale Informatore lomellino e dodici periodici comunali) e direttore dell'Ecomuseo del paesaggio lomellino. Già autore per Fratelli Frilli Editori (Il brigante e la mondina, La contessa nera, Manzoni e la spia austriaca).

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