Il Congresso agrario di Mortara, secondo il giornalista e storico Cesare Spellanzon, «riuscì la prima manifestazione pubblica, dopo l’elezione di papa Pio IX, della partecipazione piemontese alle nuove speranze della rinascente Italia». Vi presero parte i più esperti agricoltori e studiosi d’agraria, scrittori, politici e cittadini “caldi d’amor patrio” da ogni parte d’Italia e, in particolare, dalla limitrofa Lombardia, allora, come Regno lombardo-veneto, parte dell’Impero austriaco. Fra loro anche Camillo Benso di Cavour, all’epoca imprenditore agricolo e futuro artefice dell’Unità d’Italia. Il conte Clemente Solaro della Margarita, rappresentante della corrente cattolico-conservatrice, li definì «pretesi amatori di georgica tutti iniziati alle sette», cioè ai movimenti patriottici.
Le sedute delle quattordici sezioni si tennero mercoledì 9, giovedì 10 e sabato 12 settembre 1846 a Mortara, nelle aule di Palazzo Lateranense, allora sede dell’Intendenza (prefettura) della Provincia di Lomellina, e venerdì 11 settembre a Vigevano.
Queste le sezioni:
- Attrezzi rurali
- Strade comunali e vicinali
- Bachi da seta
- Moralità
- Bestiame
- Caseificazione
- Tenuta, irrigazione e adattamento dei fondi
- Piantagioni, orticoltura, bacologia, viticoltura, enologia
- Opifici, macchine e caseggiati rustici
- Concimi e materie fertilizzanti
- Strade consortili
- Preparazione del congresso
- Sorveglianza per il buon andamento del congresso
- Conferenze agrarie (da tenersi ogni sera)
Il banchetto inaugurale si tenne appunto a Palazzo Lateranense. Fra gli entusiasmanti brindisi furoreggiarono le parole del veneto conte Gherardo Freschi, che esaltavano «la scienza nazionale perché finalmente si ricordava della veneranda Madre, l’Italia, ora così umiliata e ridotta a brandelli», gli accenni acclamati del conte Sanseverino all’italianità di re Carlo Alberto e la «ovazionatissima precisazione» di Lorenzo Valerio sul proposito di Carlo Alberto di cacciare lo straniero dall’Italia. L’unanime esplosione dei battimani e lo scroscio degli evviva determinarono, per timore di compromettenti ripercussioni ufficiali e diplomatiche, l’uscita dalla sala del rappresentante governativo, il conte Filiberto Avogadro di Collobiano. L’Associazione agraria di Torino da anni rappresentava la palestra in cui si esercitavano i futuri uomini politici: proprio a Mortara il Collobiano cercò di frenare e, a volte, anche di impedire le manifestazioni politiche di italianità incorrendo nell’accusa di reazionario intransigente proprio da parte di quei radicali democratici che ne avevano sostenuto la nomina a presidente. Senonché, malgrado il pavido o finto stratagemma burocratico, a Palazzo Lateranense continuò a lungo la frenetica manifestazione patriottica incoraggiata dai sorrisi solidali del fiduciario dello stesso sovrano, il conte Cesare di Castagnetto.
La sera del 9 settembre i congressisti parteciparono alla serata di gala inaugurale del teatro (foto sotto) dedicato al principe ereditario Vittorio Emanuele. Il menu, stampato in lingua francese dalla litografia torinese Cretè e Vergnani, era un grande foglio decorato con appetitosi simboli alimentari e «una lista pantagruelica delle vivande». In apertura, risuonò l’inno all’Italia e all’agricoltura scritto dai conti Ottavio Tasca e Giulio Litta Visconti Arese, uno dei migliori compositori dilettanti che vantasse l’Italia. Poi la rappresentazione teatrale di “Ernani”, opera scritta due anni prima da Giuseppe Verdi, con il tenore triestino Francesco Sinico e il soprano Elisa Taccani, seconda moglie dello stesso conte Tasca.
Nei quattro giorni le relazioni e le discussioni furono corredate da esperimenti caseari e da prove in campo di nuovi tipi di aratri e di altri attrezzi meccanici. Tre le “gite istruttive”: a Villa Biscossi dai Pallestrini, alla Sforzesca di Vigevano dai marchesi Saporiti e a Sartirana Lomellina alla tenuta condotta da Giuseppe Nigra e di proprietà della casa ducale Arborio di Gattinara.
Per l’occasione i comizi agrari di Mortara e di Vigevano pubblicarono e distribuirono ai partecipanti le monografie La Lumellina antica e moderna di Giovanni Tagliacarne (edita a Torino dalla Stamperia reale) e Vigevano e il suo territorio del nobile Angelo Maria Biffignandi (edita dalla tipografia Vitali di Vigevano).
I partecipanti lasciarono Mortara domenica 13 settembre dopo aver assistito al Te Deum nella basilica collegiata di San Lorenzo (foto sotto).
Il generale Luigi Zenone Quaglia, concludendo il Congresso agrario del 1856, ricordò «lo splendido e affollato Congresso del 1846, al quale vidimo accorrere centinaia di persone membri o non membri dell’Associazione agraria, ministri del re, vescovi, cortigiani altolocati, magistrati superiori, primati dell’aristocrazia».
Questi i partecipanti ricordati dallo storico mortarese Francesco Pezza nel volume La battaglia di Mortara nella celebrazione del primo centenario nella sua cronaca e nel suo documentario (edito nel 1952):
- Mons. Pio Vincenzo Forzani, vescovo di Vigevano
- Luigi Rossi, sindaco di Mortara
- Carlo Cairati, agronomo e futuro sindaco di Valeggio
- Carlo Massarotti, giurista di Mede
- Luigi Pallestrini, consigliere provinciale e avvocato di Villa Biscossi
- Pietro Bignami, consigliere della Divisione di Novara e segretario del Comizio agrario di Mortara
- Carlo Fumagalli, agricoltore di Cozzo e autore di una memoria sulla malattia del riso detta brusone
- Stefano Boldrini, “causidico”, segretario del Comizio agrario di Vigevano e autore del libretto dell’opera patriottica “Camilla de’ Bastici”, musicata da Giovanni Zerbi
- Giacomo Plezza Maleta, presidente del Comizio agrario di Mortara e avvocato di Cergnago
- Giovanni Josti, agricoltore e patriota di Mortara
- Giuseppe Fusi, barone
- Enrico Strigelli, nobile
- Paolo Gusberti, cavalier
- Giovan Battista Vandoni, avvocato
- Gerolamo Biffignandi, nobile
- Giuseppe Priora, nobile e sindaco di Vigevano
- Gerolamo Ferrari, chimico
- Don Giuseppe Robecchi, parroco di San Pietro Martire a Vigevano e futuro primo presidente del consiglio provinciale di Pavia
- Don Odoardo Scarlatta, parroco di Alagna e promotore delle onoranze all’agronomo Ciro Pollini
- Don Giuseppe Gusmani, autore del manoscritto “Storia della Lomellina”
- Giuseppe Dabormida, generale e futuro ministro della Guerra
- Ferdinando Cattaneo, conte, docente all’Università degli studi di Pavia, consigliere comunale di Mortara ed esponente della famiglia proprietaria dell’omonima frazione
- Pier Dionigi Pinelli, presidente del Comizio agrario di Casale Monferrato e futuro ministro degli Interni
- Cesare Alfieri di Sostegno, futuro presidente del Consiglio dei ministri (agosto-ottobre 1848) e, nel 1844, presente con Cavour all’assemblea del Comizio agrario lomellino per discutere del progetto di derivazione di un canale irriguo dal lago d’Orta
- Lorenzo Valerio, segretario generale dell’Associazione agraria piemontese e direttore del giornale “La Concordia”
- Giovanni Morelli, farmacista
- Vittorio Cotta Ramusino, ingegnere
- Domenico Tagliacarne, ingegnere
- Ignazio Strada, nobiluomo, proprietario terriero e sindaco di Ferrera Erbognone
- Luigi Malaspina, marchese, da Sannazzaro de’ Burgondi
- Giovanni Cappa Legora, proprietario e patriota di Candia Lomellina
- Luigi Cotta Ramusino, futuro volontario alle Cinque giornate di Milano
- Vitaliano Crivelli, conte e patriota di Mezzana Bigli
- Gaspare Cavallini, avvocato, deputato e patriota di Mede
- Anacleto Cappa, patriota di Garlasco e futuro volontario delle Cinque giornate
- Giuseppe Arconati Visconti, marchese e amico intimo del Manzoni, da Cassolnovo
- Giacomo Stagnoli, ingegnere di Valle Lomellina
- Carlo Corini, avvocato di Lomello
- Don Francesco Bermani e don Giovanni Cerra, prevosti di Pieve del Cairo
- Angelo Magnaghi, avvocato
- Cesare Strada, avvocato
- Angelo Cassola, ingegnere
- Carlo Botta, avvocato e patriota di San Giorgio di Lomellina
Il riso, il frumento e il latte di Leri Vercellese
Fra il ritorno dai viaggi all’estero (giugno 1843) e l’ingresso al governo (ottobre 1850), Camillo Benso di Cavour (foto sotto) si dedicò a una nutrita serie di iniziative nel campo dell’agricoltura. Come importante possidente terriero, nel maggio 1842 contribuì alla nascita dell’Associazione agraria di Torino (nata con il nome di Associazione agraria subalpina), che si proponeva di promuovere le migliori tecniche e politiche agrarie anche per mezzo di una gazzetta, che dall’agosto 1843 pubblicherà periodicamente gli articoli del conte. Impegnato nell’attività di gestione della tenuta di Leri (oggi frazione di Trino Vercellese), dall’autunno 1843, grazie alla collaborazione di Giacinto Corio, il conte iniziò a migliorare l’allevamento del bestiame, i concimi e le macchine. Dal 1843 al 1850 la produzione di riso, frumento e latte crebbe sensibilmente e quella di mais risultò addirittura triplicata.
«Giardino, non più palude»
Camillo Benso di Cavour, nell’autunno 1844, percorse le campagne lomelline in compagnia di Cesare Alfieri di Sostegno e poi relazionò “sull’abilità degli agricoltori della Lomellina” in una lettera all’agronomo francese Naville de Chateauvieux, autore di vari opuscoli sull’irrigazione.
«Sono stato colpito dalla ricchezza delle colture e dall’abilità degli agricoltori della Lomellina. Questa regione, che è compresa tra il Po, il Ticino e la Sesia, è un vero giardino. Essa non ha niente da invidiare alla Lombardia per le marcite, le praterie e i gelsi. Quello che è più stupefacente è che quel paese ha raggiunto tale grado di fertilità in meno di cinquant’anni: alla fine dello scorso secolo, meno qualche eccezione, non era che una landa e una palude».
Bellissimo articolo, me lo salvo! Grazie
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Ti ringrazio!
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Complimenti all’autore !
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Grazie mille!
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Argomento molto interessante e da insegnante al Ciro Pollini, indirizzo agrario, addirittura affascinante e denso di possibili collegamenti con l’attuale situazione del modo agricolo alle prese con determinanti cambiamenti
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Grazie mille!
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